LIBERTA' DI STAMPA?
Non vorrei aggiungere tutti questi post, preferirei dare il tempo a tutti di leggere i presenti, ma quando si trovano commenti perfetti come questo come si fa a lasciar correre? Noi parliamo di libertà di informazione e qui ce la raccontano. Leggete.
da l'Unità del 23 ottobre 2005
Libertà di stampa vado cercando di Oreste Flamminii Minuto
Il 7 ottobre scorso ho partecipato alla trasmissione «Viva Voce» di Radio 24 che trattava della libertà di stampa in Italia. Il responsabile dell'informazione dei Ds e quello di An alla domanda di Giancarlo Santalmassi, direttore di quella emittente, se in Italia esistesse la libertà di stampa hanno risposto senza esitazione «sì». La stessa risposta hanno dato Ritanna Armeni del Manifesto e Mauro Paissan garante della Privacy. Io ho risposto «no». La trasmissione, poi, si è sviluppata verso altre tematiche sulla libertà di stampa per terminare con l'unanime constatazione che «oggi non esiste più il giornalismo d'inchiesta».
Singolarmente, quello stesso giorno, era in edicola il settimanale L'Espresso con l'inchiesta sui Cpt di Lampedusa e Agrigento nella quale si raccontava come un giornalista, Fabrizio Gatti, per scoprire quello che accadeva in quei posti, era stato costretto a buttarsi in mare, farsi raccogliere come naufrago, farsi passare per «curdo». Il tutto per potere informare la pubblica opinione quanto fosse poco edificante la situazione generale oggettiva dell'accoglienza e gli abusi «nonnisti» di alcuni degli addetti alla sorveglianza di quei poveri disgraziati che cercano in Europa di migliorare la loro condizione di reietti.
Sul perché il giornalismo d'inchiesta non fosse più praticato, gli autorevoli partecipanti fornivano risposte vaghe («interessa poco...», «non interessa più per le materie trattate...» ecc.). Io affermavo che il giornalismo d'inchiesta «è proibito» e fornivo rapidamente tre esempi (Il Sifar, Capitale Corrotta Nazione Infetta, e Il Grande Orecchio ) che pur denunciando episodi che «oggi» storicamente e politicamente sono recepiti come «verosimili» (se non «veri»), all'epoca erano finiti tutti con la condanna dei giornalisti che avevano osato proporli alla pubblica opinione. E Fabrizio Gatti avendo «ricercato le notizie», come prevede la Convenzione dei diritti dell'uomo, (e, cioè, usando un suo diritto), per fare giornalismo d'inchiesta, rischia la galera.
L'altra sera Adriano Celentano ha rivelato che secondo Freedom House of the Press, l'Italia è al 77° posto della classifica con una informazione «parzialmente libera», e Stefano Gentiloni, Presidente Vigilanza Rai, nella stessa trasmissione di Giancarlo Santalmassi ha detto di non credere a quella classifica, anche quando Santalmassi gli ha fatto notare che quella classifica dipende, tra l'altro, dal «contesto delle leggi dei singoli paesi».
È singolare che per far sapere che l'Italia è un paese parzialmente libero in materia di informazione si debba attendere Adriano Cementano, nello stesso momento in cui i responsabili dell'informazione di due grandi partiti (Ds e An) affermano invece il contrario! Questo denota che non siamo messi molto bene. E denota che il vero problema non è tanto se sia permesso esprimere le proprie idee, ma se sia proibito denunciare scandali acquisendo le prove di quegli sandali. Altrettanto singolare è il fatto che importanti personalità politiche dei due schieramenti facciano finta di non sapere che vi sono leggi che impediscono il concreto esercizio della libertà di stampa. Ma sarebbe addirittura scandaloso se con l'auspicabile cambio della maggioranza nel prossimo parlamento non si ponesse mano a una riforma vera del diritto dell'informazione che abolisse quelle norme, restituendo all'informazione il suo naturale ruolo di violatore istituzionale di tutti segreti, con la possibilità di invocare ogni tipo di esimente per difendere il diritto-dovere di informare.
Certo, se chi si occupa della riforma del diritto all'informazione afferma pubblicamente che in Italia esiste la libertà di stampa, c'è poco da stare allegri.
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